Franco Bragagna, la Shahrazād dello storytelling sportivo

Franco Bragagna ha l’immenso potere di apparire antipatico, saccente, pedante, ma mai cialtrone né stucchevole. In un’epoca in cui gli sport “minori” (e minori rispetto a cosa?)  vengono lasciati commentare da gente che s’informa su Wikipedia, e quelli “maggiori” da chi pare più infoiato, Franco Bragagna è l’ultimo fulgido baluardo di competenza in una Rai che schiaffa Carlo Conti a fare il direttore artistico di Sanremo e Radio Rai. Ora, Bragagna può apparire datato ai giovani hipster abituati agli schiamazzi Mediaset e alle cronache da LSD di Caressa, ma Franco è l’anello di congiunzione tra i composti commentatori Rai d’un tempo e quelli caciaroni di oggi.
Franco Bragagna si esalta e s’incazza quando c’è bisogno di esaltarsi e incazzarsi. Franco Bragagna si schiera, cosa che i cronisti compassati e quelli caciaroni non fanno mai. Bragagna non si schiera basandosi sul tifo, ma sulle nozioni e le regole. E la competenza. S’intuisce che Bragagna è uno che odia far brutta figura, per questo non lo prenderete mai in fallo.

Alcuni sport, se si ha passione, fanno venire la pelle d’oca anche senza commento. La scrollata di spalle di Popov, il calcio d’inizio d’una finale mondiale, Cagnotto che dà il tempo, Bolt che si piega prima di partire a razzo. Quegli attimi che precedono il Tutto sportivo, prima che si compia, a prescindere dal risultato.
Se non c’è passione, servono i Franco Bragagna. Avrei amato così tanto il nuoto senza le telecronache con annessi piccoli intermezzi comici di Sandro Fioravanti e Luca Sacchi? Non lo so. So che ieri ho sentito Francone pronunciare “Anxela” per dire “Angela” e ho pensato “va’ che ora mi ribattezzo”. Bragagna fa venire la pelle d’oca a quelli che, prima di ascoltarlo, ignoravano completamente l’atletica. Ci mette l’intermezzo comico, la competenza, le nozioni, la brutalità di chi sa quanto può dare un atleta e poi non lo fa.

Ho in testa decine di cronache di Franco Bragagna e non ricordo il nome del primo ragazzetto che ho baciato. Perché lui, il ragazzetto, non era coinvolgente come Bragagna, e ricordo solo che baciava male e produceva ettolitri di saliva al secondo. In casa mia diciamo “metti a Bragagna” quando c’è una qualsiasi manifestazione d’atletica che la Rai trasmette. Gli atleti vengono dopo, perché oggi c’è Bolt, prima c’era Maurice Greene, dopo Bolt ci sarà qualcun altro, e a far la differenza nel raccontare la storia, la gara, ci sarà Franco Bragagna.
Perché Bragagna non è uno snocciolatore di dati o un rappresentante di immagini.
Bragagna è un narratore.
Bragagna è un incanalatore d’emozione.
Bragagna sta provando quello che provi tu e lo dice magnificamente.
Bragagna è un dipanatore di sentimenti.
Bragagna è uno story teller di talento.
Bragagna è un poetico e tecnico scassacazzo.
Bragagna è come Shahrazād, sta rimandando la nostra morte, causata dal disinteresse sportivo dovuto ai cronisti, eccessivamente protagonisti o insulsamente anonimi.
Bragagna, non ci bastano le mille e una cronaca, vai avanti a oltranza.

Bragagna io ti prego, commentami la vita, fammi appassionare ai miei tempi morti. Credo che il ragazzetto si chiamasse Massimiliano, comunque. Se l’avessi detto a Bragagna, se lo ricorderebbe, con tanto di tempi, classifica e aneddoto a corredo del tutto. 
Bragagna, resta la nostra Shahrazād, ci servi come l’aria.

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